mercoledì 31 ottobre 2018

Un Re sconfitto

Scalpitano gli zoccoli
del tuo cavallo bianco
sulle mie terre
ed il vento ne agita la criniera
come un antico vessillo.

Io sono un re sconfitto

giacché cadute sono le ultime difese
e crollate le mura
e le colonne del tempio
sotto i colpi degli arieti.

Io sono un re sconfitto

e già gli zoccoli del tuo cavallo
scandiscono metallici e superbi
gli ultimi spasimi del mio regno
mentre percorrono le scalinate
che portano alla reggia.

Io sono un re sconfitto

mentre l'orgoglio dei tuo i stivali
risuona nelle stanze del potere
e il bagliore dell'incendio
illumina il mio volto incredulo.

Io sono un re sconfitto

mentre in ginocchio
ai tuoi piedi implacabili
la spada depongo.

Sotto il tuo tallone di ferro

è il mio scettro.

Un re schiavo

per sempre incatenato
al carro di guerra del tuo trionfo.


Finalmente felice
di non esser più padrone del suo regno 
e del suo cuore.



a 2015

martedì 16 ottobre 2018

Caos emotivo, la fine

È come fossero esercizi vocali, per scaldare le corde, intervallati da gargarismi intellettuali.
Si intravede, anzi si intrasente, una voce potente, ma il canto non sgorga.
Gli esercizi sono sempre più complessi, poche voci vi ci possono cimentare con altrettanta audacia,
ma è tecnica pura.
È come fosse una macchina che simula amore, per fare e dire cose che ogni innamorato vorrebbe dare e ricevere, in una forma perfetta, ma senza anima.
Desiderio e necessità.
Non riesco a desiderarti, è colpa tua, non me ne hai dato il tempo.
La necessità azzera il desiderio.
Una volta respiravo attaccato ad una macchina, o forse ero solo un embrione che riceveva ossigeno dal cordone ombelicale.
Poi mi hanno staccato dal polmone d’acciaio, o semplicemente sono nato.
L’aria è entrata con violenza dentro di me, mi bruciava.
Per assurdo mi soffocava.
Ma è stato solo un attimo, di panico puro.
Passare da una forma ad un'altra di respirazione non è stato graduale, ha avuto bisogno di un veloce
quanto doloroso “apprendistato”.
Infine è risultato naturale.
Un bel passo avanti, posso respirare con i miei di polmoni.
Libero da chi mi teneva in vita posso ora viaggiare ovunque, in ogni direzione, magari per cercare la morte altrove.
Ma in questo mondo, ho scoperto, l’ossigeno non è in ogni luogo.
Tu vi manchi improvvisamente, girando l’angolo di una strada anonima, o camminando tra le gallerie di una metropolitana, nell’abbraccio spontaneo di quei due omoni che non si incontravano chissà da quanto.
Le prime volte che succedeva uscivo fuori di senno, terrorizzato.
Mi pietrificavo, e intanto soffocavo con gli occhi sbarrati.
Come successe a quella mostra tempo fa.
Mi mancava il respiro.
Ora, se accade , mi muovo, come si fa con il cellulare per cercare il segnale più forte, perché come ti ho persa ti ritrovo in una cosa altrettanto banale, in apnea, in una gatta che si alliscia il pelo in controluce.
Eppure questa necessità che ho di te, come di respirare, non mi ti fa apprezzare in pieno.
Sai, l’ho capito leggendo cosa mi hai lasciato.
Di una bellezza inaudita.
Altro che Cortazar.
Ma hai mai sentito qualcuno che ha tra i suoi desideri il voler respirare?
Il fatto che tu mi sia necessaria mi impedisce di cercarti nel desiderio.
La necessità soffoca il desiderio (l’ho già detto?)
Così rimane solo la paura che l’aria fugga via, che mi lasci senza vita.
Respirerei ogni cosa di te, come si respira l’aria viziata o satura di smog.
Qualsiasi cosa pur di respirare.
Se non avessi questa maledetta paura di perderti, se fossi sicuro di poter avere aria per sempre,
cercherei con ardore quella fresca del mattino, quella accompagnata dalla brezza marina, o quella pura tra gli abeti in alta montagna.
La tua aria più pregiata.
E invece sono schiavo di nuovo, pensavo di essermi emancipato dal gioco del polmone d’acciaio che mi teneva inchiodato ad un letto.
Un prigioniero in movimento, convinto d’esser libero perché vaga tra le cose, ma a ben guardare le sue catene sono evidenti.


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Le illusioni sono per l'anima quello che l'atmosfera è per la terra. Toglietele quella tenera coltre d'aria e vedrete le piante morire, 
colori svanire.

Virginia Woolf, Orlando, 1928
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Ricordi di Catrame

Vorrebbe dire che ho un minimo controllo dei miei ricordi, cosa che neanche in minima parte accade (ma non è detto che prima o poi non succeda), sarà un giorno sconvolgente, lo immagino così: io che scendo nelle viscere della terra: in fondo all'ultima galleria sotterranea, la più stretta e umida e scura, un piccolo bagliore mi avverte che lo scenario sta per cambiare.
Piena di graffi, sudore e polvere corro - per quanto posso - e mi affaccio a pieni occhi sul piccolo cono di luce che ormai mi acceca interamente le pupille come un tramonto che non smette di tramontare: la caverna del tesoro è lì, sotto la mia gola, posso finalmente tuffarmi in
un lago di cose preziose, diademi, gioielli di ogni forgia e colore, mentre riverberi fosforescenti scorrono lungo le pareti, come proiettati dalla palla luccicosa di una discoteca.
Nuoto tra i miei ricordi e li afferro a piene mani, scegliendo ora questo ora quello, come mai ho potuto fare in vita mia.
La felicità, e l'esaltazione, mi impediscono di avvertire il bruciore lungo le gambe, sui fianchi,
sulle braccia.
Più allegramente mi muovo per raggiungere ora questo ora quel gioiello più le lame profondamente mi incidono la carne, in un lento stillicidio per il quale morirò.
Come ho fatto, anche per un solo istante, a non ipotizzare che mescolati a quelli luminosi avrei ritrovato anche gli altri ricordi, neri, densi, soffocanti come il catrame.
Che stupida.


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è strano, quando finisce il mondo.
Tutti si affrettano a cancellare.
Altri a scrivere.
Non saprei dire chi sia il più stupido.
Buonanotte amore.

https://www.youtube.com/watch?v=NR95denip-E

a & e 2018
V 1928

martedì 9 ottobre 2018

Non sono pronto

Non sono pronto.
Non vorrei mai esserlo per questo.
Lo so che tutto finisce, ma non si può godere di una cosa bella nel presente pensando al dolore che ti darà non avendola più in futuro.
La consapevolezza che questo sia inevitabile la fa diventare brutta ora, da subito. 
Vorrei almeno la speranza che duri con me, con te, che ci sia almeno la volontà, l'impegno (da parte di entrambi non solo da parte mia) che duri.
Poi sarà il destino che deciderà, come sempre.
Il tuo approccio alla vita è sano, sicuramente più equilibrato del mio, ma forse l'avrei anch'io come lo hai tu se avessi coscienza che le cose belle di oggi verranno sostituite da altre sempre luminose, a volte di più, a volte meno delle prime, ma comunque interessanti e degne di esser vissute con gioia, con trasporto.
Chi è maniaco depresso vede invece la piacevolezza come un incidente, qualcosa che non doveva accadere e tuttavia è accaduto, cerca di aggrapparvisi con forza cercando di trasformare una collisione involontaria in un legame.
Non è possibile.
La gioia incidentale è il seme che farà crescere la pianta del dolore attraverso la privazione di qualcosa che si assaggia ma con cui non ci si sfama.
Un modo crudele di aumentare il mio appetito di felicità per poi privarmi ancora (e ancora) del suo pasto.
No, non sono pronto per questo.
Si, il futuro mi fa paura, soprattutto perché non ho un passato né un presente in cui rifugiarmi.
Se devo esserlo (pronto) dillo, non c'è altro modo di prepararsi che allentare la mia presa su te, di cominciare a soffrire subito, affinché il dolore futuro non incontri carne tenera e vulnerabile quando mi trapasserà come una lama, ma un massiccio callo che la contrasti.
Non sono pronto.
Non sono pronto ad essere qualcosa di diverso da quello che sono ora, con te.

a 2014

venerdì 5 ottobre 2018

Bagliore

Un saggio travestito d'amore me l'ha suggerito,

di fidarmi dei tuoi inganni,


di abbandonarmi alla pazzia.


Io lo intendo, lo rincorro impenitente.


E' guida sicura,


perché conosce le leggi dei cuori,


e quelle scritte negli occhi dei bimbi.


Bagliore che illumini la mia mente,


mai lascerai al buio la mia vita.


a 2014



mercoledì 3 ottobre 2018

Mare senza cresta


Ricche donne dell'alta borghesia, annoiate, sorseggiano il caffè.
Una venere abbronzata prende il sole in topless, teli da spiaggia le ruotano intorno come satelliti legati al loro pianeta.
Una classica "sora lella" continua ad ingozzare il suo pargolo per la paura che perda il suo bel grasso.
Una ragazza con treccine etniche ha ormai il suo pollice fuso con il touch screen del telefonino.
C'è una bimba bionda che corre verso la sua mamma, i suoi occhi sono spiritati, ma la vera felicità la leggo su quelli della madre, che l'abbraccia, la lancia in aria, e poi le morde la pancia.
La felicità, quella che annulla ogni altro umano pensiero.
Oggi l'ho letta in quel cane che corre sul bagnasciuga, nel bimbo che sguazzava in acqua, e in quella madre che mordeva la tenera carne del suo frutto. 
Questo mare che ho dentro a volte è calmo e senza cresta, a volte tutta una tempesta.

a 2014

Se ti incontrerò

Quando i sentimenti sono troppo grandi, le emozioni sono troppo violente, l’anima inibisce il linguaggio, o lo rende scoordinato, più cerchi...