domenica 24 febbraio 2019

The maze

I had a nightmare,
I lived trapped in another's life,

getting down to hell is not difficult,
it's just a moment,

but many lives,
and many deaths
they cost me
learning how to move,
in its never end labyrinth.

Alone

martedì 19 febbraio 2019

L'uomo delle tisane

Un grande edificio, un grattacielo mancato, colmo di colletti bianchi,
io aspetto fuori, non so dire se sia uno di loro uscito in anticipo o se è per puro caso che mi trovi lì.
Questo alienante posto di lavoro sputa dipendenti direttamente nel piccolo piazzale sottostante che da sulla fermata di un treno urbano, una specie di metrò in superficie.
I cancelli d'accesso sono chiusi, ma intanto gli uffici continuano a rigurgitare colletti bianchi tutti uguali, pinguini con camicia e valigetta che marciano in file da tre.
Tra di loro, forse, anche l'uomo delle tisane.

Ben presto la folla si fa eccessiva nel piccolo piazzale, in pochi minuti siamo tutti pressati come sardine nella propria scatola. 
Qualche zingarello ne approfitta per rovistare nelle tasche.
Si alzano i primi lamenti, poi seguono le vive proteste.
“Aprite per dio” qualcuno grida alle mie spalle.
Finalmente si aprono i cancelli con assordante rumore di ferraglia, la folla comincia a scorrere come un fiume in piena tra i corridoi della piccola stazione.
Non so dove sto andando, non so dove devo andare, ma contrastare quella mandria impazzita che mi trascina non mi sembra possibile, non ci provo neanche.

La corrente del fiume continua impetuosa la sua corsa sino alla banchina dei treni.
Il gregge si ferma ai bordi della striscia gialla, tutti con gli occhi sbarrati a fissare i binari che rimandano riflessi di ogni tipo, 
gelidi ed eterni ci guardano con sufficienza mentre una musichetta indistinta gracchia dai miseri auto-parlanti.

Il treno arriva in un paio di minuti, come fossero le paratie di una diga le porte si aprono, 
il fiume scorre di nuovo inondando i vagoni come l’acqua riempie un bacino artificiale.
Una mistura di odori fra cappotti, sudore, aliti pesanti, e terribili deodoranti simili all'insetticida rende l’aria irrespirabile.
Di nuovo pressati all'inverosimile, una donna struscia su di me i suoi giovani glutei,
mi ricorda un episodio di quando ero ragazzino, ma di s#### non si parla, si sa.

Il treno continua la sua corsa, ad ogni fermata il livello dell’acqua scende, addirittura si liberano posti a sedere.
Ora, finalmente, posso respirare a pieni polmoni.

Mi siedo e guardo le mie mani, sono screpolate, poi, curioso, inizio a guardare il paesaggio che scorre, prima prettamente urbano, con i suoi graffiti e i palazzoni anonimi privi di colori, poi gradualmente sempre più periferico.
Solo in quel momento mi chiedo dove sto andando, ma soprattutto dove cazzo dovessi scendere.
Ma non lo so, o non so di saperlo.
Continuo la mia corsa, sperando che una di quelle tante fermate mi chiami per nome.

La città è finita, ora il treno corre in aperta campagna, le fermate si fanno meno frequenti.
Il freddo diventa sempre più intenso, pungente.
La luce sta scemando, apparecchia la tavola alle tenebre che stanno arrivando, pronte a cibarsi dei pochi superstiti non ancora salvi nei propri nidi.
Una fermata è particolarmente prolungata, escono appena un paio di persone dal vagone,
ma il treno rimane a porte spalancate per interi minuti, forse un quarto d’ora.
Minuti interminabili nei quali la penso.

Un vento gelido percorre il convoglio, entrano anche gocce di pioggia miste a nevischio con lui,
imbucate alla festa senza invito.
Quasi rimpiango la calda folla di un’ora prima pur con i suoi terribili odori.
Finalmente riparte.
Fuori è solo oscurità, il paesaggio è ora indistinguibile anche per la nebbia, i vetri riflettono oramai solo le luci provenienti dall'interno.
Sono un po’ preoccupato, non ho sentito nessun richiamo, ed ho paura che le fermate utili siano finite.
L’unica cosa che mi rasserena è che non sono ancora rimasto solo, tre o quattro persone che leggono sono la mia compagnia.
Una veramente guarda fuori, come me, o almeno tenta di farlo.
Cerco il suo sguardo, per un attimo si incrocia con il mio.
È la prima persona che mi nota da quando siamo partiti.
Ormai guardo solo lei.
Si è alzata, sta per scendere.
La scorto con gli occhi.
In quei pochi attimi devo decidere, se andare con lei o rimanere sul vagone.
È vero, mi ha scrutato, più di una volta, ma non sembrava molto amichevole .
Penserebbe che la sto pedinando, siamo rimasti solo io e lei ormai.
Forse ha anche paura di me, può aver pensato che io sia un malintenzionato, che le voglia penetrare l'anima, e non solo.
Troppe pippe mentali,
lei è già scomparsa, le porte si sono richiuse e il treno ripartito.

Solo ora me ne rendo conto,
mi trovo all'ultimo vagone, e sono solo.
Dove sto andando?
Fottuta angoscia, mi stai divorando.

Indosso solo una primaverile giacca di pelle, le tenebre hanno portato con se un freddo terribile, ho le mani ghiacciate e piccoli tremori mi assalgono.
Le luci al neon del vagone si fanno sempre più tenui, cullato dal rollio del treno, e dalla melodia di ruote ferrate che corrono sui binari, mi raggomitolo in posizione fetale, adagiato su tre sedili duri e freddi come pietra.

Non ci saranno altre fermate.

Cerco di prender sonno.

Forse per sempre.

(dedicato ad un mio commilitone)

a 2015

Se ti incontrerò

Quando i sentimenti sono troppo grandi, le emozioni sono troppo violente, l’anima inibisce il linguaggio, o lo rende scoordinato, più cerchi...