sabato 26 ottobre 2019

Prede solitarie di destini famelici

Ho finito "La notte", la febbre va meglio ma sono un cencio lo stesso.
Non voglio parlare adesso de "La notte"perché stanno svanendo i pensieri su "Lettera al padre", svanivano dentro "La notte", a mano a mano che ne facevo degli altri.
Sembra che i posti a sedere nella mia mente siano terminati, i pensieri nuovi scacciano i vecchi che poi tentano di tornare per vendicarsi.
E' un grande parapiglia, ne esce un animo confuso, un campo di battaglia dove giacciono esamini centinaia di pensieri che si fanno guerra.
Ma va bene così, il giorno che in testa avrò una sola grande idea chiara ed inattaccabile vorrà dire che sarò morto.
All'inizio ho pensato fosse un mostro, "con un padre così" mi sono detto.
Ricordo che lo hai pensato anche tu, ma durante la lettura i pensieri si sono dati battaglia.
C'è stata una strage ma non so chi abbia vinto, non lo so di preciso, il sangue macchia i morti come i vivi, sono indistinguibili gli uni dagli altri ai miei occhi stanchi che smarriscono i dettagli.
Ho pensato al rapporto con mio padre, ed ho pensato anche al tuo, a quello che avevi tu con il tuo e a tante altre storie che conosco.
Ognuna ha il diritto di parlare, nessuna di emettere una sentenza.
Ho pensato fosse ottuso, ho pensato fosse astioso, anaffettivo, egoista, egocentrico, insensibile, anche insicuro dietro quell'ostentazione di se.
Ma essere genitori non è facile, i genitori sono solo bambini più grandi, da piccoli non possiamo rendercene conto ma quando diventiamo grandi noi stessi, se diventiamo grandi davvero, dovremmo guardarli con occhi diversi.
V non capisce come faccio ad avere un rapporto così con mio padre, dice che non mi chiama mai per sentire come sto, che sono sempre io a cercarlo, seppur raramente, a domandargli come se la passa.
Dall'"alto" della mia disponibilità economica gli faccio anche dei regali, un Pc nuovo, un treno di gomme invernali per non andare a schiantarsi tra i ghiacci, ecc..
Non capisce perché lo faccio, non sembra che io abbia bisogno di lui, come di mia madre, come di chiunque altro della mia famiglia.
Non necessito più del suo amore da tenerà età.
Non sembra neanche che io gli voglia un gran bene, quindi non capisce perché sono comprensivo, perché non mi lego al dito niente.
Credo che sia perché sento di essergli superiore.
Lo so, è brutto a dirsi, ma non sono cose che si possono controllare, si può controllare se ostentarle o meno, ma non si può decidere di non sentirle.
E' un sentimento che provo verso molte, forse troppe, persone.
Io lo vedo per quello che è, una persona che si è portata appresso i problemi che aveva dall'infanzia, una madre che non lo ha amato, ottavo o settimo di otto o sette figli, non ricordo bene.
Suo padre, mio nonno, una volta lo andammo a trovare in sezione, era un militante comunista, non gli veniva neanche il suo nome, non ricordava il nome di suo figlio, non gli sovveniva.
Questa cosa mi colpì molto, sin da allora.
Non credo che un bambino cresciuto così possa diventare un padre perfetto e, sono sicuro, che da bambino non fosse tanto forte e tanto indipendente come io sono.
Per Kafka suo padre era un gigante, la misura di ogni cosa, l'universo intero era in scala, una scala che aveva il padre come riferimento.
Ma parliamoci chiaro, il gigante è Kafka, Kafka l'immortale.
Il padre un essere insignificante di cui si sarebbe persa ogni traccia se non avesse avuto il figlio che ha avuto.
Ma grazie a questo figlio, per colpa di questo figlio, sarà ricordato solo per la sua infamia.
Era solo un uomo, un uomo debole nonostante le apparenze.
K invece era già grande quando ha scritto quella lettera, molto più grande del padre, infinitamente.
Lo ha fatto a pezzi.
La cosa che più mi ha disgustato è stato che lo ha fatto stando bene attento a passare per vittima.
Certo che lo è stato, ma ora si trasformava in carnefice.
E via a sottolineare tutte le brutture, le contraddizioni, la superbia.
Deve esserci stato un grande dolore nel scriverlo, un grave conflitto interno, l'ho percepito, ma non solo perché rinvangava cose antiche e ancora dolorose ma perché si stava rendendo conto, scrivendo, di essersi lui stesso trasformato nel seviziatore.
Me lo fa capire, ad esempio, l'aver consegnato la lettera alla madre, delegando ad altri la responsabilità del se, e come, sferrare il colpo, lavandosi in questo modo, in parte, la coscienza.
Ma soprattutto me lo fanno pensare le ultime due pagine, un ripensamento, una difesa al padre, che non poteva più difendersi.
Gli mette in bocca parole che giudicano lui stesso, parole che cerca lui in difesa del padre e a condanna sua.
(vattele a rileggere)
Ma è troppo tardi, l'accusa si è mossa troppo bene, il giudice ha già sentenziato.
Ho letto che le ultime due pagine siano anche le uniche non trovate battute a macchina, scritte di pugno, come fossero una convulsione.
Sono molto belle, e valgono più di interi libri, forse valgono più dell'intero libro in cui si trovano.
Era un poveraccio questo tizio, io lo vedo tale.
Un così bel figlio, non riconoscerlo, non riuscirlo ad amare, non riuscire a farsi amare da lui.
Non credo si sentisse bene, ci sono persone che non hanno i mezzi morali, intellettivi, volitivi per migliorare se stessi, sono destinati ad una lenta ma brutale involuzione verso le parti più aride della propria anima, e li rimangono intrappolati, spesso per sempre.
Provo sincera pena per loro.
Mio padre, in fondo, ha fatto di peggio, almeno da quello che leggo, che ho letto.
Ha fatto anche cose buone, ma noi ci aspettiamo molto dai genitori quando siamo tanto piccoli: amore incondizionato, e che siano giganti, senza macchia e senza paura.
Con tali aspettative che è naturale avere da fanciulli, molti sono destinati a fallire.
I mostri sono altri.
C'è chi vende i propri figli, chi li stupra, chi li sfrutta, chi li ammazza.
Possibile che il Grande Kafka non sia riuscito a vedere il padre per quello che era?
Ora che, appunto, era grande?
Ha avuto una madre che gli ha dato tutto l'amore del mondo, che si è immolata, come solo le madri, certe madri, sanno fare, aveva ancora così necessità dell'amore del padre?
Perché con il libro lo fa a pezzi, ma grida ancora il bisogno del suo amore, è rimasto bambino anche lui.
E' così che vedo le persone, adulti e anziani, li vedo bambini, e non riesco ad odiarli troppo quando si comportano male, quando mostrano i loro difetti e mettono così in luce le loro debolezze.
Le paure che si portano appresso da fanciulli, quelle si sempre presenti, mentre i sogni li abbandonano presto, soli.
Prede solitarie dei loro destini famelici.

a 2018

https://www.youtube.com/watch?v=aepBpZ3kXek&t=102s

sabato 12 ottobre 2019

Una lettera

“Cara #,
spero di non essere invadente, scrivendoti.
Innanzitutto volevo dirti che mi sono dato una calmata, e sono rientrato nei ranghi.
Sto bene e sto cercando di smaltire le incombenze quotidiane che ho trascurato in questi ultimi giorni.
Non so se sarai più infuriata, delusa, preoccupata o angosciata nel sentirmi, magari tutte insieme.
Spero però ci sia almeno un poco di gioia: in caso contrario scriverti è stato l'ennesimo errore, e me ne rammarico.
Vorrei spiegarti alcune cose, farlo non è facile per niente e interpretarle male è un battito di ciglia, ti chiedo quindi di ascoltarle col cuore più che con la testa.
C'è una cosa con cui devo fare i conti tutte le mattine, quando apro gli occhi, e tutte le sere, quando li socchiudo.
Non sono unico e speciale in questo, tante persone fanno come me.
Male di vivere, non so se hai presente di cosa parlo: mi risveglia, ogni mattina, l'angoscia di azioni sempre uguali.
Subito dopo resetto la mente, e lo spirito, affinché chi mi circonda non abbia il minimo sospetto della larva famelica che mi divora.
Però non vorrei tu ti facessi un'immagine distorta di me, visto da fuori non sono un musone o un indolente, né uno che se ne sta da parte a rimuginare sulle cose: sono iperattivo, curioso e di compagnia, sempre.
Vado avanti a sopportare tutto quello che di brutto mi tormenta senza ben sapere perché.
Anzi lo so: vivendo mi prendo cura di coloro che amo, morendo li farei soffrire.
Da un lato è un bene perché da senso al quotidiano, dall'altro è un cappio che stringe lentamente, e mi toglie la libertà di immaginare quanto dolce possa essere la resa ai miei incubi.
Quando resistere al dolore amplifica il dolore, morire può sembrare il migliore dei mali: questo desiderio mi ha assalito, un paio di volte, non voglio nascondertelo.
Resistergli è stato devastante esattamente quanto tentare di abbandonarsi ad esso.
Ci sono però alcuni momenti in cui l'oscurità è squarciata da un lampo, improvviso, prima che tutto torni buio.
E' un battito d'ali di colibrì, un istante talmente rapido che quasi credi di averlo immaginato, sufficiente però a indicarti una direzione, qualcosa da cercare, magari a tastoni, qualcosa che hai intravisto attraverso quella sottile lama di luce.
Quel lampo per me sei stata tu.
Lasciarmi vincere dal desiderio di amarti mi ha dato nuova vita, anche se non avrei dovuto farlo.
E' stata una liberazione.
Sapevo sin dall'inizio che non avrei potuto avere in cambio nulla, mi bastava che accettassi il mio amore, che un po' ti lusingasse.
Certo, desiderare tanto una donna e non poterla avere è un dolore esso stesso, a dire il vero molto più forte di quanto ricordassi, ma è un dolore sano, come quando il sangue ricomincia a scorrere in una mano assiderata.
E' uno spasmo intenso, pungente, ma è anche vita che ricomincia a pulsare nelle arterie dopo il torpore.
In preda ai tormenti da innamorato non corrisposto mi sono dimenticato dei miei demoni, scacciati da un sentimento più forte rispetto ad ogni altra cosa.
Gli incubi ricorrenti hanno l asciato il posto ai sogni che ti riguardavano, è questo, credimi, è stato un miracolo.
Sapevo che non avrei potuto tenerli stretti a lungo nel petto, in quanto non riguardavano la mia donna: questo, e solo questo, mi è pesato.
Non avrei potuto innamorami a comando di una persona qualsiasi, pensare che mi sarei potuto invaghire di chiunque è la cosa più lontana dal vero che ci sia.
Ti ho sempre trovata interessante, desiderabile, conoscendoti l'ho pensato ancor di più: altro non ho fatto che lasciarmi andare, invece di reprimermi come di solito molto ragionevolmente faccio.
Il fatto di non averti mai toccato da più valore al mio sentimento invece che sminuirlo.
Ma adesso, come ti dicevo, tutto è rientrato.
Sono in grado gestire il mio cavallo selvaggio e so come trattarlo quando è imbizzarrito: gli ha fatto bene scatenarsi un poco, tenerlo legato anche questa volta l'avrebbe condannato a morte certa.
Il pensiero che io t'abbia fatto del male con il mio atteggiamento da pazzo furioso mi distrugge, ma non credere che il mio amore valga meno di altri, solo perché proviene da una persona squilibrata: tutti i veri amori sono forme di pazzia, l'amore non alberga nella ragione e nel dominio, ma nella follia e nell'impotenza.
Non temere mai che io stia male a causa tua: la forza che avverto oggi, mentre scrivo, è a te, e a te sola che la devo.
Quindi sto bene, e sono sereno.

Bacio la pioggia che bagna la pelle sottile dei tuoi polsi.

unknown 2014

Se ti incontrerò

Quando i sentimenti sono troppo grandi, le emozioni sono troppo violente, l’anima inibisce il linguaggio, o lo rende scoordinato, più cerchi...