martedì 16 ottobre 2018

Caos emotivo, la fine

È come fossero esercizi vocali, per scaldare le corde, intervallati da gargarismi intellettuali.
Si intravede, anzi si intrasente, una voce potente, ma il canto non sgorga.
Gli esercizi sono sempre più complessi, poche voci vi ci possono cimentare con altrettanta audacia,
ma è tecnica pura.
È come fosse una macchina che simula amore, per fare e dire cose che ogni innamorato vorrebbe dare e ricevere, in una forma perfetta, ma senza anima.
Desiderio e necessità.
Non riesco a desiderarti, è colpa tua, non me ne hai dato il tempo.
La necessità azzera il desiderio.
Una volta respiravo attaccato ad una macchina, o forse ero solo un embrione che riceveva ossigeno dal cordone ombelicale.
Poi mi hanno staccato dal polmone d’acciaio, o semplicemente sono nato.
L’aria è entrata con violenza dentro di me, mi bruciava.
Per assurdo mi soffocava.
Ma è stato solo un attimo, di panico puro.
Passare da una forma ad un'altra di respirazione non è stato graduale, ha avuto bisogno di un veloce
quanto doloroso “apprendistato”.
Infine è risultato naturale.
Un bel passo avanti, posso respirare con i miei di polmoni.
Libero da chi mi teneva in vita posso ora viaggiare ovunque, in ogni direzione, magari per cercare la morte altrove.
Ma in questo mondo, ho scoperto, l’ossigeno non è in ogni luogo.
Tu vi manchi improvvisamente, girando l’angolo di una strada anonima, o camminando tra le gallerie di una metropolitana, nell’abbraccio spontaneo di quei due omoni che non si incontravano chissà da quanto.
Le prime volte che succedeva uscivo fuori di senno, terrorizzato.
Mi pietrificavo, e intanto soffocavo con gli occhi sbarrati.
Come successe a quella mostra tempo fa.
Mi mancava il respiro.
Ora, se accade , mi muovo, come si fa con il cellulare per cercare il segnale più forte, perché come ti ho persa ti ritrovo in una cosa altrettanto banale, in apnea, in una gatta che si alliscia il pelo in controluce.
Eppure questa necessità che ho di te, come di respirare, non mi ti fa apprezzare in pieno.
Sai, l’ho capito leggendo cosa mi hai lasciato.
Di una bellezza inaudita.
Altro che Cortazar.
Ma hai mai sentito qualcuno che ha tra i suoi desideri il voler respirare?
Il fatto che tu mi sia necessaria mi impedisce di cercarti nel desiderio.
La necessità soffoca il desiderio (l’ho già detto?)
Così rimane solo la paura che l’aria fugga via, che mi lasci senza vita.
Respirerei ogni cosa di te, come si respira l’aria viziata o satura di smog.
Qualsiasi cosa pur di respirare.
Se non avessi questa maledetta paura di perderti, se fossi sicuro di poter avere aria per sempre,
cercherei con ardore quella fresca del mattino, quella accompagnata dalla brezza marina, o quella pura tra gli abeti in alta montagna.
La tua aria più pregiata.
E invece sono schiavo di nuovo, pensavo di essermi emancipato dal gioco del polmone d’acciaio che mi teneva inchiodato ad un letto.
Un prigioniero in movimento, convinto d’esser libero perché vaga tra le cose, ma a ben guardare le sue catene sono evidenti.


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Le illusioni sono per l'anima quello che l'atmosfera è per la terra. Toglietele quella tenera coltre d'aria e vedrete le piante morire, 
colori svanire.

Virginia Woolf, Orlando, 1928
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Ricordi di Catrame

Vorrebbe dire che ho un minimo controllo dei miei ricordi, cosa che neanche in minima parte accade (ma non è detto che prima o poi non succeda), sarà un giorno sconvolgente, lo immagino così: io che scendo nelle viscere della terra: in fondo all'ultima galleria sotterranea, la più stretta e umida e scura, un piccolo bagliore mi avverte che lo scenario sta per cambiare.
Piena di graffi, sudore e polvere corro - per quanto posso - e mi affaccio a pieni occhi sul piccolo cono di luce che ormai mi acceca interamente le pupille come un tramonto che non smette di tramontare: la caverna del tesoro è lì, sotto la mia gola, posso finalmente tuffarmi in
un lago di cose preziose, diademi, gioielli di ogni forgia e colore, mentre riverberi fosforescenti scorrono lungo le pareti, come proiettati dalla palla luccicosa di una discoteca.
Nuoto tra i miei ricordi e li afferro a piene mani, scegliendo ora questo ora quello, come mai ho potuto fare in vita mia.
La felicità, e l'esaltazione, mi impediscono di avvertire il bruciore lungo le gambe, sui fianchi,
sulle braccia.
Più allegramente mi muovo per raggiungere ora questo ora quel gioiello più le lame profondamente mi incidono la carne, in un lento stillicidio per il quale morirò.
Come ho fatto, anche per un solo istante, a non ipotizzare che mescolati a quelli luminosi avrei ritrovato anche gli altri ricordi, neri, densi, soffocanti come il catrame.
Che stupida.


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è strano, quando finisce il mondo.
Tutti si affrettano a cancellare.
Altri a scrivere.
Non saprei dire chi sia il più stupido.
Buonanotte amore.

https://www.youtube.com/watch?v=NR95denip-E

a & e 2018
V 1928

2 commenti:

  1. è come inghiottire una pillola ricoperta di miele,
    leggere queste sensazioni, ricoperte di profonda cupezza ma esternamente avvolte da una sostanza dolce.
    Capire, essere fuori dal quadro, ricollocare ricordi come un puzzle,
    vestire la carne di insicurezze nuove,
    sentire la pelle chiamare un solo nome, ancora un solo nome.
    Se in questo caos emotivo, c'è una particella di speranza, spero diventi un boomerang a cui aggrapparsi

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  2. "Non riesco a desiderarti, è colpa tua, non me ne hai dato il tempo." Sono parole dolorosissime. E.

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Se ti incontrerò

Quando i sentimenti sono troppo grandi, le emozioni sono troppo violente, l’anima inibisce il linguaggio, o lo rende scoordinato, più cerchi...