sabato 15 giugno 2019

Il virus


La stanza privata dove mi trovo non ha l’entrata indipendente,
è in fondo ad una sala con circa 8 letti.
Dalla porta intravedo le altre brande, ed i suoi occupanti.
alla mia destra la finestra che da sul viale,
il chiosco del bar sempre affollato è l’unico contatto visivo che ho con il mondo esterno.
Tra quegli 8 letti ce ne è uno occupato da una ragazzina di circa 10 anni,
ha capelli lunghi e neri, e le braccia dai movimenti aggraziati,
la trovo molto bella, nonostante quel pigiamino un po’ sciatto.
La mattina passano le infermiere per il solito giro di controlli e iniezioni,
passando nella mia stanza lasciano spesso la porta socchiusa,
qualcuno, a volte, s’affaccia timidamente a curiosare,
chissà quali strane e terribili storie si raccontano su quel bambino che sta morendo.

Qualche genitore deve essere preoccupato che il virus infetti qualcuno,
pur con la porta sempre chiusa, si sarà raccomandato con il suo cucciolo di non avvicinarsi.
Oggi è un giorno particolarmente fortunato,
la porta rimasta socchiusa proprio mentre l’infermiera le sta facendo la puntura,
tiepidi raggi del mattino provenienti dalla vetrata illuminano il suo bel sederino,
è contratto e restio a ricevere l’odiata puncicata,
la muscolatura tesa lo esalta, pelle morbida e bianca, come il marmo,
contrasta con la schiena già abbronzata.

Per alcuni istanti dimentico l’odore dell' ospedale, del disinfettante che narcotizza le narici,
mi tuffo in un mare salato, sento la sabbia rovente sotto i piedi, il costume bagnato aderente alla pelle.

C’è una cosa che non si smette mai di cercare,
anche in punto di morte, quando tutto il resto non ha più importanza,
persino quando gli affetti più cari perdono senso,
e aspetti solo che tutto finisca,
prima possibile,
anche in questi frangenti non rinunci a cercare le cose belle.

Del perché sia così necessaria la bellezza, ben oltre ogni altra cosa,
per me è un enigma.
Che sia il movimento degli alberi che dà il via alle danze tra foglie e vento,
o la lotta di due bei cuccioloni che si rotolano radiosi nell’erba,
degli occhi spiritati di una mamma che pulisce il musetto sporco di cioccolata del suo cucciolo,
degli amabili giochi di luce che generano le fossette dovute alla contrazione
di due giovani chiappette indurite dalla paura,
la bellezza ci riempie sempre,
la cerchiamo disperatamente,
qualsiasi sia il nostro stato d’animo,
la nostra età, la salute.

Ci è indispensabile, necessaria, essenziale, sino all’ultimo respiro,
anzi lo è ancor di più all’ultimo che al primo.

Forse perché all’inizio siamo noi stessi la bellezza,
quando la perdiamo ricerchiamo lei per ritrovare noi stessi,
non ci arrendiamo, ma in fondo lo sappiamo che siamo smarriti per sempre,
bisogna farsene una ragione.

Continuiamo a cercarla, ovunque si possa nascondere.
Prova a trapassare, penserai subito ad una cosa bella.
Prova.
(non ci provare)

Quel giorno ero stato particolarmente fortunato, la bellezza era venuta da me,
senza averla cercata.
Alcuni giorni dopo però reclamò il conto.
Niente è gratis, anche quello che sembra esserlo.


La porta rimase socchiusa come altre volte,
lei fece capoccetta curiosa, insieme ad altri due bambini,
chiese a mia madre come stavo con la sua vocetta da finta santarellina,
io ero girato di spalle, guardavo come sempre la finestra alla mia destra,
sul comodino decine di fumetti, "il Poeta" tra loro,
ero ridotto uno scheletro,
mia madre mi chiede di girarmi, dice che sono venuti a trovarmi dei simpatici bambini,
a vedere come stavo (piuttosto a soddisfare l’insana curiosità),
mi adagio lentamente sul fianco opposto,
sorpreso riconosco lei tra i tre marmocchi,
le sue pupille si dilatano, una smorfia di disgusto e paura le invade il viso,
deve aver sentito l’odore della morte,
“che schifo” le scappa a mezza bocca,
mentre si morde le labbra per il disagio.
Una coltellata in pieno petto,
destar tanto orrore alla bellezza,
tu la cerchi e lei fugge inorridita,
non ti va più di vivere,
all’istante, improvvisa, è la voglia di farsi travolgere da quell’onda di dolore,
quella definitiva.

Odio la parola “Schifo”, deve aver dispensato molto dolore in giro.
Deve aver distrutto molti.
È difficile pensare che qualcuno possa averci costruito qualcosa.

E poi è così poco musicale.

a 2015

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