sabato 14 settembre 2019

The race. (Leaving the game of life)

Io mi sento in colpa quando, come ora, sono felice.
Mi sembra di aver troppo quando mi confronto a quelle centinaia di persone ammassate in un battello, navigano per scappare da qualcosa più che per cercarne un’altra, spesso trovano solo una morte indecorosa.
Poi ci penso, e mi chiedo il perché ritengo ingiusto tutto questo.
Lo sarà davvero o c’è piuttosto un senso di giustizia più alto che non comprendo?
Penso agli spermatozoi in questi casi, alla loro folle corsa.
Lo so, gli spermatozoi fanno sempre sorridere, chissà perché poi, ci risultano così buffi, eppure è tragica la loro breve esistenza.
Pensare che per uno solo di loro che raggiungerà il suo scopo, altre decine di milioni moriranno invano durante questo percorso di guerra, è disarmante.
La natura si affida ai grandi numeri per le sue imprese.
Uno spettatore che assistesse a questa grande competizione tra spermatozoi non riuscirebbe a capirne il senso, ne noterebbe solo la crudeltà.
Così, tra i milioni di esseri viventi che popolano questo mondo, è in atto una folle gara per la felicità,
per quei pochi che riusciranno ci saranno milioni, miliardi di persone che soffriranno, spesso atrocemente.
Che stiamo correndo per noi stessi è solo un’impressione, la felicità non è nostra, e di qualcun altro,
o sarebbe meglio dire di qualcos’altro.
La finalità di questa corsa, quale sia il nostro ovulo da fecondare, ci è sconosciuta.
L’universo ha un grande progetto, noi ne facciamo parte, ma non dobbiamo conoscerlo.
Come soldati dobbiamo eseguire gli ordini impartiti, senza necessariamente capirli.
Sopravvivi, vivi, ama, procrea, sii felice, che cosa sono se non ordini?

Continuiamo a darci tanto da fare senza conoscerne il motivo, spinti e dominati da forze più grandi di noi, così mi giustifico quei 900 corpi in mare, tanto per non impazzire.
Chi raggiunge la felicità la raggiunge anche per loro, sarebbe meglio non dimenticarlo.
La maggioranza delle persone che vive su questo pianeta ha problemi a sopravvivere, una buona parte vive come all’inferno, quando ci diamo la morte da soli lanciamo la scacchiera, e tutti i suoi pezzi, in aria, è come voler affermare di non voler giocare a questo gioco.
Una ribellione inaccettabile, perché di giocare ci è stato imposto, non di invito si è trattato.

a 2015



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