mercoledì 4 settembre 2019

Una scatola di Lego


Era estate, un'estate senza mare.
La passai tutta al convento,
mio padre mi lasciava la mattina e mi veniva a riprendere verso le 18.
Ricordo il cortile, i lunghi corridoi con le vetrate, il campo di calcio, le aule,
ero abituato a vederli brulicanti di bambini pieni di vita,
stavolta mi si rivolgevano silenziosi.
Fui affidato alla mia maestra,
suor Maria si chiamava.
Anche se avevo passato un intero anno con quella suora mi sentivo un po’ a disagio,
non c’erano gli altri 32 bambini a filtrare il rapporto,
ora eravamo solo io e lei. 
Il primo giorno che mio padre mi lasciò con lei mi abbracciò,
senza dire nulla.
La cosa mi imbarazzò, ma durò poco.
Pensai che fosse perché sapeva che avevo sofferto in ospedale.
In effetti, dopo un mese, ancora avevo dolori, incubi.
Mi annoiavo un poco da solo, senza altri bambini, ma forse era un bene,
non ero ancora pronto a giocarci.
Notò che ero cambiato, mi ricordava iperattivo, gioioso,anche sbruffoncello,
adesso ero taciturno, un poco triste, e avevo perduto la spocchia.
Ma non osava domandarmi niente .
Passavo lunghe giornata a disegnare in un'aula vuota, e a giocare con le costruzione.
Qualche compito ogni tanto.
Mangiavo al refettorio con le altre suore,
la madre superiora non si impicciava,
faceva finta di non vedermi, mi sopportava per dovere.
Con il tempo la nostra confidenza aumentò,
ma parlavamo comunque poco.
Mi toccava come fossi prezioso,
delicato,
con cura.
Gli sentivo il desiderio di farlo.
Ricordo che il pomeriggio, dalle 14, si andava a riposare.
Dormivo nel suo letto, aveva la zanzariera bianca intorno.
Raramente si adagiava anche lei.
Quel giorno ero di spalle,
come al solito facevo finta di dormire,
mi sfiorò la tempia con le mani,
poi scansò il ciuffo di capelli che mi copriva l’occhio.
Mi abbracciò da dietro, cingendomi le braccia sulla pancia,
porse la testa sulla mia nuca.
Sentivo il suo corpo che aveva dei piccoli spasmi,
come piegato dal desiderio di farlo,
e dalla paura di osare troppo.
Non è che mi piacesse tanto questa cosa,
la lasciai fare, sentivo che ne aveva bisogno, continuai a far finta di dormire.
Non sembrava essere una cosa erotica,
forse si sentiva sola,
o forse voleva un bambino,
voleva sentirsi madre per pochi attimi.
Quell’estate fu molto noiosa per me,
e dolorosa, ma ricordo con piacere questa cosa, oggi.
Aveva 39 anni, e per me era solo una suora,
come se lo fosse sempre stata,
invece era una donna,
e prima ancora era stata una bambina anche lei.
Mi fece un regalo, me lo compro con i suoi (pochi) soldi,
una scatola di Lego.
Sapeva che la desideravo.


a 2015

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