Quando i sentimenti sono troppo grandi, le emozioni sono troppo violente, l’anima inibisce il linguaggio, o lo rende scoordinato, più cerchiamo di usarlo e più diventa una ignobile balbuzie
Invece non riusciamo a controllare un rossore.
Un tremore
Come se l’anima, per le cose più importanti, preferisse affidarsi al linguaggio universale del corpo
Che non mente mai, che non cerca e non vuole essere quello che non è
Se ti incontrerò ti prenderò la mano
E la poggiero’ sul petto
Così sentirai come scoppia il mio cuore dentro il tuo palmo
è possibile essere liberi senza essere crudeli? Forse no. Però so che si può essere crudeli senza essere liberi.
Non la sto giustificando (la violenza), disturba anche me, ancor più mi disturba la crudeltà. Ma la natura è formata sia dall'una che dall'altra, è un dato di fatto. Anzi, sembra che l'amore sia solo contingente, una specie di calmiere per limitare crudeltà e violenza, come dovesse regolarle, contenerle. Mi fa paura, l'aver scoperto che l'energia vitale del mondo è sempre violenta.
Perché devi mettere in dubbio quello che dico? Dammi un motivo, cerca di motivare in qualche modo intelligente la convinzione che io non lo sia, ma risparmiami banalità tipo "non mi conosci" o "mi hai idealizzato" o cose simili. Su quest'argomento non ci può essere una discussione alla pari, prendine atto. Io e solo io so cosa provo (no cosa credo di provare).
Mi lascia molto perplesso quello che dici. Ho pensato di non essermi espresso bene e mi sono riletto, ma è un concetto chiarissimo. Non so cosa c'entra la tua risposta con quello che ti ho detto, non so neanche se stavi rispondendo a me o parlavi con te stessa. Non ho nessun tipo di ossessione per i tuoi ormoni, né per il tuo sesso o la tua sessualità, non sono destabilizzato in nessun modo.
Tutta la violenza che si è scatenata dentro il petto e nello stomaco va resa silenziosa fuori. E' uno sforzo improbo, disumano.
Del milione di pensieri che mi passano per la testa durante il giorno alla sera ne ricordo una decina o poco più. Prima di andare a letto penso che uno o due di questa dozzina dovrei condividerli con te. Quando li penso sono chiarissimi nella mia mente, ma quando li devo tradurre con le parole devo fare i conti con l'incompletezza di quest'ultime e con la poca dimestichezza che ho nel maneggiarle (non sono mica Grossman). Ad ogni passaggio (intuizione, elaborazione, sintesi, traduzione trasmissione, ricezione) qualcosa viene perso o distorto, magari piccoli ma fondamentali dettagli. L'indistinta accozzaglia che ti arriva viene rielaborata dalla tua sensibilità, curiosità ed esperienza, filtrata dalle tue emozioni. Ecco, questo era il pensiero (più o meno), cosa ti arriva veramente di me dalle parole che ti scrivo? No lo so, né lo saprò mai, temo, ma so che non posso essere io.
La geologia, e i milioni di anni, fanno le gemme. Non noi che qui ci incontriamo a scrivere, a fingere di leggere. Ma ogni eccezione ha la sua regola, e tu sei l'una e l'altra, e un respiro trattenuto sette anni. Meno male che non esisti, ti sento sussurrare nel buio.
E' stata una delle giornate più felici e serene della mia vita, non c'erano demoni in me ma solo tanta curiosità e voglia di vivere.
Le persone che vivono con un demone dentro si riconoscono subito tra loro, e si schifano, si evitano come la peste perché il loro equilibrio è instabile e sofferto. Come spugne assorbono il dolore degli altri che le fa impazzire più del loro. Sono destinate a rimanere sole proprio perché le uniche persone capaci di capirle con un solo sguardo, senza troppe spiegazioni, sono i propri simili. Con gli altri è una finzione senza fine nel continuo sforzo di essere adeguati al contesto.
Ci inseguivamo per i corridoi minacciando di picchiarci, come sempre, mescolati ad altri bulletti intenti a far caciara. Stanchi ci siamo fermati, ansimanti, la sua fronte lucida di sudore, i capelli spettinati, la campanella che urlava la fine della pausa. Si è avvicinato, come al rallentatore, e la distanza era troppo lasciva, ancora incomprensibile per quell'età. Si è avvicinato, lo sguardo liquido, nuovo per me. Mi ha sussurrato, lentamente, come a marchiare ogni parola sulle mie guance "Amo, i tuoi occhi, q##### t# ####### "
La mia conoscenza di te non è esteriore e parziale come di chi ti vive ogni giorno, ma è profonda ed interiore perché la intuisco.
Le parole, questi unitili orpelli che ami tanto. Milioni di esse dette dal più sommo dei poeti non riuscirebbero a condurre a te anche un solo misero frammento della mia anima. Sembri aver le idee chiare eppure lasciati dire che sei sola nel non saper quel che dici parlando di patti, di fiducia al buio, e di pass per l'inferno che temi tanto. Pensavo fosse chiaro che non avrei mai chiesto niente di te, come faccio da tanto tempo rispettando il tuo volere ho rinunciato a conoscere il tuo nome, la tua età, il tuo sesso, la tua casa mentre a te sarebbe bastato un solo cenno di volontà per sapere i miei "precisi riferimenti". E' chiaro (ora) che non possiamo giocare insieme noi due, è inaccettabile per me tanta codardia in una Dea o tanta sfrontatezza in un'umile mortale, decidi tu. Esisto davvero, c'è tanta carne e sangue in me da aprire una macelleria, e questo è l'unico posto virtuale in cui abbia mai vagato (logorato più che annoiato). Sono leale, lo sono sempre stato e sempre lo sarò con te e con gli altri, mi fido di tutto e di tutti, del mio istinto e della mia ragione anche perché non potrei fare null'altro, so che ogni mia mossa porterà alla medesima ed inevitabile sofferenza, all'unico e vero inferno che a me (e per me solo) è destinato. Adesso ti lascio
C'è un raggio di luce tiepida e stanca che trafigge il vetro di questa stanza e la mia pupilla sinistra, nell'ordine indicato. La stanza è una mansarda ed io sono qui, di fronte allo schermo che ti contiene e ti protegge, per poco ancora, prima che un piccolo tocco delicato zittisca i milioni di pixel che colorati portano a te.
Si, tu mi leggi nella testa, ormai ne ho la certezza. O meglio: c'è un condotto piccolo e segreto che ti introduce negli eventi (miei). Altrimenti non si spiega che io guardi casualmente - senza che il caso esista - il film/documento di cui mi hai appena parlato (cos'era, rai5?) ed ecco arrivi tu a parlarmene.
Come si fa ad arrestare lo scorrere di una cosa che non esiste come il tempo? "Io sono nata viaggiando" quando hai tempo e se hai voglia vorrei che lo vedessi. Le vite più belle e straordinarie sono anche quelle che arrecano più tristezza quando volgono alla fine, forse per la consapevolezza che prima o dopo quegli eventi si perderanno per sempre "come lacrime nella pioggia" senza lasciare alcuna traccia, mentre per le vite più disgraziate prevale un definitivo senso di liberazione per lo stesso identico motivo.
Ho capito, sei un principe del foro. Mi sembra quasi di vederti, la toga che svolazza come una bandiera ai tuoi movimenti a scatti, fremi, sfogli nervosamente l'incartamento mentre il PM incalza ed accusa :"scuole elementari distratte? Suvvia signori della corte, qui ci troviamo di fronte al classico bieco tentativo di incolpare le istituzioni, la società, la famiglia per una colpa che è tutta dell'imputato perché sua e solo sua è la distrazione verso le cose di questo mondo che ritiene inutili e fuorvianti ......... chiedo pertanto per l'imputato il massimo della pena prevista per la sua sgrammatica, perché è massima la colpa nel non aver tratto beneficio dalle migliori scuole, dai migliori insegnanti, dai migliori esempi!" Temo per un istante, faccio finta di non notare la corte che mi osserva concentrata, nelle pieghe delle loro smorfie è già scritta la mia condanna, i sospetti si trasformano in certezze, le certezze in sentenze, ma tu conosci le loro menti, sai come togliere linfa vitale alle loro certezze, come piante prive del nutrimento si piegheranno su se stesse, ora lo so, ho visto le tue mani poggiarsi decise sul banco, le dieci dita sono ben aperte tra loro, solo i polpastrelli sostengono il tuo peso, i palmi delle mani sono a filo con il legno del tavolo, lo sfiorano senza toccarlo, il capo si alza dolcemente deciso e guarda la corte: sta per iniziare l'arringa finale.....ora lo so, sono salvo.
Io imparo da te in modo uguale e diverso, e allora anch'io devo ringraziarti (poi sarà il tuo turno e poi ancora il mio, e alla fine - la fine di che?- le nostre schiene saranno fili d'erba piegati all'erosione dei venti del ringraziamento). E allora no. Ti dico. Si, ho visto che ogni virgola è al suo posto, bello, grazie, ti dona. E di che ti vergogni? Sei un uomo acuto e intelligente, fai errori (eredità di scuole elementari distratte - che alunno eri?). La tua "sgrammatica" guarirà, forse - oh si - ne sentirò la mancanza, e rimarranno le tue variegate pi##e mentali, i tuoi labirinti, le tue elucubrazioni pesanti e fresche come ali zuppe di pioggia. Devi esserne solo felice.
La burocrazia è onnivora , anche il dolore della gente è alimento a lei gradito. Verrà il giorno in cui ci rilasceranno ricevuta per regolare smaltimento uomo
I tuoi commenti sono spesso molto belli. Arguti. Privi di formalità. Profondi. Veri. Inducono alla riflessione. Sarà bello quando comincerai a tirare fuori i tuoi pensieri e ad articolarli in scritti diversi da quelli tecnici che hai reso pubblici finora.
Per la terza notte viene a farmi visita una donna a fare l'amore, sempre la stessa.
E' senza viso, avvolto nella nebbia che lo protegge, ma gli occhi so essere bianchi come quelli dei posseduti.
Ha seni piccoli ed è magra, i capelli neri e lisci a caschetto, la pelle di un pallido diafano che fa intravedere le vene che corrono come autostrade attraverso il suo corpo nudo,
mi scova nelle terre oniriche dove mi rifugio e facciamo l'amore.
Lo facciamo su un balcone sospeso nel vuoto, sotto scorre una grande via trafficata che rimanda un sottofondo di clacson e motori brucia semafori, da questa altezza vertiginosa sembrano i modellini in scala che ho sulla bacheca.
Non sono a mio agio, non ho tutta questa voglia di accoppiarmi, ma la donna sa come sciogliermi, e quando sto per farlo vedo, attraverso il vetro che ci separa dall'interno della casa (presumibilmente la sua), due mocciosi che ci guardano.
Sono un maschietto e una femminuccia,
la bambina è trasandata ed ha il naso che le gocciola, tiene per i capelli una grossa bambola, trasandata anche lei.
Ha occhi grandi, e sembra che stia per piangere.
Il bambino invece è di due o tre anni più grande, credo ne abbia 7, sembra un piccolo selvaggio che stringe con forza il modellino di un grande trattore giallo, ha l'aria di volermelo spaccare in testa.
"Ci guardano"
"Che ti frega"
mi sussurra lei nell'orecchio mentre muove perfettamente sincronizzate tutte le parti del suo corpo sopra il mio.
Il senso di disagio non se ne va, anzi cresce.
Sopra il balcone c'è la grande terrazza condominiale, vi si affaccia un uomo con capelli brizzolati e il pizzetto scuro, vestito in tuta nera, che ci osserva morbosamente mentre mastica dolorosamente il chewingum
Penso sia il marito, ed un attimo prima di venire alzo di peso quella piovra che ha cinto i miei fianchi con le sue gambe tanto esili quanto forti e la lancio di peso sul lettino da sole al nostro fianco.
Credo di essere fuggito, perché mi ritrovo in tutt'altro ambiente, è un luogo strano dal forte gusto orientale, eppure questo mi risulta essere familiare, come non lo era l'appartamento della donna.
E' una lunga e stretta via pedonale, sulla sinistra tanti piccoli chioschi, alcuni talmente piccoli che c'entra a malapena una poltrona dietro il bancone di legno.
Così è il mio, ha una serranda che si alza, il bancone è sovrastato da una specie di tela con disegni misteriosi, la tela ha un grosso buco da dove la gente inserisce il suo braccio, ed io le leggo la mano.
Il mio compenso viene lasciato in una cassetta ai miei piedi, è una feritoia alla base del bancone dalla quale ogni tanto entra ed esce un grande gatto tigrato.
Non vedo i loro volto, ascolto le loro voci e leggo le loro mani.
Ho iniziato questo lavoro che già il sole era calato, mentre facevo l'amore con la giovane donna invece era alto nel cielo, e faceva caldo, la ringhiera del balcone me la ricordo infuocata, qui invece è sempre più umido e fresco, e con all'avvento delle tenebre il freddo comincia ad entrare nelle ossa.
L'acqua si alza dal pavimento, ha invaso il piccolo chiosco sollevandosi dalla via pedonale ormai deserta e senza luci, tutti gli altri chioschi sono serrati, l'acqua si fa sempre più alta come a Venezia senza il Mose, adesso mi ricordo perché la notte non posso dormire qui.
Non ho una casa, lavoro di giorno come veggente e la notte sono destinato a vagare per luoghi deserti camminando per non soffrire il freddo assalito da un sonno atavico.
La notte, le notti, sono lunghe da passare.
Mi ritrovo a camminare sul ciglio di questa strada panoramica che da sul mare, raramente passa una macchina e quando lo fa si sentono stridere i pneumatici nelle curve prima ancora di intravederne i fari che squarciano il buio.
Mi appiattisco sul muretto di contenimento al loro passaggio, sfrecciano facendomi il pelo, non provo a fermarle, non saprei cosa chiedere come destinazione, perché non ne ho una, devo solo far passare il tempo che sembra rallentare di minuto in minuto, quasi a volermi cristallizzare in questo istante.
La strada e le sue mille curve dominano il mare da una quarantina di metri, posso ammirare la luna che vi ci specchia.
E' davvero un bel posto, cerco il cellulare per fotografarlo, ma non ho un cellulare, o semplicemente non lo trovo, questa cosa aumenta il mio senso di isolamento, non so bene che dovevo controllare sul cellulare, a chi dovessi mandare la foto, ma è probabile che fossi tu, sei l'unica a cui scrivo.
Poi la strada prende una via più interna, il mare nero come la pece non lo vedo più, sento solo in lontananza le sue onde che si infrangono adirate sulla scogliera.
Ora è un piazzale che ho raggiunto, qui c'è un grande capannone industriale, dove entro subito per cercare un po' di pace e un poco di tepore.
Nel capannone ritrovo la donna con il caschetto nero, stavolta gli occhi sono profondi e neri, ma il viso ancora non si vede.
Abbiamo una discussione, su cosa non ricordo, litighiamo come se ci conoscessimo da molto, invece mentre facevamo l'amore sotto il sole mi sembrava poco più di una sconosciuta.
Mi chiede che fine ho fatto, io le rispondo evasivo come sempre, perché ho sempre odiato dare spiegazioni, soprattutto se non ne ho alcuna.
Lei, senza che la interrogassi, invece mi da le sue, ed io capisco che era con un altro pochi attimi fa, ecco su cosa stavamo discutendo.
Le chiedo se ha fatto l'amore con quell'altro, ma non mi risponde, sorride con gli occhi, un po' beffardi un po' dispiaciuti.
Le metto una mano sul lungo collo (cosa che mai farei senza sognare) e la alzo di peso con il braccio sinistro, con il destro le tasto il viso senza alcuna delicatezza, per sentire i suoi lineamenti che non riesco a vedere (il tatto oltre la vista).
Poi la lascio, in preda alla vergogna per lo scatto d'ira e di gelosia.
Mi guarda con dolcezza ora, e mi sussurra con la voce un po' rauca di chi ha appena liberato la sua trachea da una mano che la mordeva:
"io vado da chi mi chiama, non lo sapevi?"
Quelle parole mi gelano il sangue,
mentre quei dolci occhi neri continuano a scaldarmelo.
Inchiodato a un letto di ospedale
con i ferri nelle ossa
le ferite che non davano tregua
che inzuppavano di sangue le lenzuola
ero sorridente
lo sono stato sempre
anche quando non mi vedeva nessuno
Ti sembrerà incoerente
tanta positività in una mente che pensa di darsi la morte
eppure non lo è
è la vita che è dentro di me che comanda
digrigna i denti al demone che mi rappresenta
pensa al posto mio
vuole, desidera, chiede
dice che lo fa per me
intanto mi infligge la reclusione nell'angolo più buio
mi obbliga alla prigionia delle carceri nel mio stesso castello
trattato come un pazzo in catene
per il suo stesso "bene"
a impedirne il ferimento
Essere vivi è un'illusione
è la vita che vive se stessa
non noi
per farlo ha bisogno di coscienze docili
che non si ribellano
coscienze vergini
alle quali verrà promessa una qualche felicità
rese arrendevoli al dolore
e poi, alla fine, condotte al macello